È sempre molto attesa ma, quando arriva, può portare con sè anche alcuni “effetti collaterali”, il cosiddetto “mal di primavera” che colpisce milioni di persone e che si manifesta con segnali come stanchezza o, al contrario, nervosismo, a cui si possono aggiungere cattivo umore, ansia, irrequietezza, insonnia e mancanza di concentrazione. “Attenzione, – spiega il professor Paolo Vitti, Presidente Eletto della Società Italiana di Endocrinologia (SIE) – queste sensazioni di malessere, accompagnate da una sintomatologia aspecifica che perdura senza trovare soluzione, potrebbero essere la spia di un disturbo alla tiroide”.
Sono circa 6 milioni gli italiani colpiti da una delle malattie della tiroide: gozzo nodulare, ipotiroidismo e ipertiroidismo – le più diffuse – senza contare il subclinico, ovvero persone che non sanno ancora di essere ammalate proprio a causa di un profilo così aspecifico di sintomi che ne complica la diagnosi.
“La tiroide, – prosegue Vitti – svolge un ruolo fondamentale nell’arco di tutta la vita: da prima della nascita alla terza età in quanto regola, come se fosse una centralina, importanti processi quali lo sviluppo neuropsichico e l’accrescimento somatico nell’età evolutiva, mentre con l’età è fondamentale per la funzione cardiovascolare, il metabolismo basale, lipidico, glucidico e osseo. Ma non solo, la tiroide influenza la fertilità, la forza muscolare e molto altro. Questa ghiandola viene troppo spesso sottovalutata in fase di diagnosi perché i sintomi sono frequentemente sovrapponibili a quelli causati da altre malattie. Ma fare la diagnosi è facile attraverso una semplice analisi del sangue con la quale si misurano gli ormoni tiroidei e il TSH, ormone prodotto dall’ipofisi, che regola la funzione tiroidea”.
Quando la tiroide lavora poco, si è affetti da ipotiroidismo e tutte le funzioni dell’organismo rallentano e si notano frequenza cardiaca bassa, ingiustificata sensazione di freddo, stanchezza, pelle secca, gonfiori, memoria più labile, riflessi più lenti, depressione e stitichezza. Se al contrario si soffre di ipertiroidismo, quando la tiroide lavora in eccesso, si ha tachicardia, nervosismo, irritabilità, ansia, tremore delle mani, insonnia, senso di calore e aumento della sudorazione, dimagrimento ingiustificato, fragilità di capelli e unghie, debolezza muscolare, alterazioni delle mestruazioni e può comparire esoftalmo cioè sporgenza degli occhi, dovuto all’infiammazione dei muscoli oculari e del tessuto adiposo presente nelle orbite.
“Tra le cause che possono portare disturbi alla tiroide, – aggiunge Vitti, – c’è la carenza di iodio. Lo iodio è un componente essenziale degli ormoni tiroide. Un deficit di iodio in gravidanza può portare ad un difetto di sviluppo del cervello del nascituro in quanto gli ormoni tiroidei sono essenziali in questa fase della vita per il sistema nervoso centrale. Nell’adulto un deficit di iodio provoca gozzo, formazione di noduli e, nell’età più avanzata, ipertiroidismo. Garantire un adeguato apporto di iodio con l’alimentazione rappresenta pertanto il più efficace mezzo di prevenzione delle malattie tiroidee. Lo iodio si trova nei cibi come pesce, crostacei, uova e latte e carne. La sola alimentazione però non è sufficiente ad apportare lo iodio necessario e per questo bisogna integrarla sostituendo il comune sale da cucina con il sale iodato, avendo cura di non aumentarne la quantità: quindi poco sale ma iodato”.
È molto importante parlare di prevenzione, poiché una carenza di iodio cronica, con il tempo, in età adulta, può portare al gozzo nodulare, che può non manifestarsi per molti anni, ma pericoloso perché nelle persone anziane può provocare ipertiroidismo e quindi disturbi cardiocircolatori.
La malattia più frequente della tiroide è l’ipotiroidismo, condizione in cui la tiroide funziona poco che può essere controllato con la levotiroxina, ovvero l’ormone sintetico della tiroide. “Recentemente, – precisa il prof. Vitti, – è stato palesato un maggiore rischio di osteoporosi secondario per le persone che assumono levotiroxina. In realtà, quando il dosaggio è corretto il trattamento con levotiroxina raggiunge l’obiettivo di restituire all’organismo gli ormoni che la tiroide non è più in grado di produrre spontaneamente, ristabilendo quindi una situazione di normalità che non comporta alcun rischio. Il corretto richiamo è semmai sulla perfetta personalizzazione del dosaggio della levotiroxina”, conclude l’endocrinologo.