A lanciare l’allarme ci ha pensato Ivan Pedretti, segretario generale dello Spi-Cgil: “In Commissione Lavoro alla Camera è arrivato un disegno di legge delega che taglierebbe la pensione di reversibilità a molte vedove!”.
In pratica, se dovesse passare il disegno di legge, la pensione di reversibilità, cioè quella che spetta agli eredi alla morte del pensionato, quasi sempre appannaggio delle donne, verrà considerata una prestazione assistenziale e non previdenziale, pertanto sarà legata all’Isee, cioè al reddito familiare, non più a quello individuale.
In apparenza potrebbe sembrare una svolta meritocratica, ma nella realtà è un modo per abbattere un diritto individuale e rendere la pensione, frutto di contributi versati, irraggiungibile per centinaia di migliaia di uomini e donne.
Il governo, in maniera non ufficiale, smentisce. “Se ci saranno interventi di razionalizzazione saranno solo per evitare sprechi e duplicazioni, non per far cassa in una guerra tra poveri. La delega del governo dà, non toglie“, dichiarano fonti di Palazzo Chigi.
In attesa di chiarimenti ufficiali, proviamo a capire qual è il meccanismo che metterebbe a rischio la pensione per molte vedove. Per esempio, se una vedova vive ancora con il figlio o con un compagno e questi percepiscono un piccolo reddito, rischia di perdere il diritto alla reversibilità, lasciandola senza reddito, a dipendere completamente dalle persone con cui vive.
“Per noi questo non è accettabile“, ha tuonato Cesare Damiano, presidente (del Pd) della commissione lavoro della Camera. “La previdenza non può essere considerata la mucca da mungere in ogni stagione per risanare i conti dello Stato. La prima cosa da discutere è la flessibilità: i lavoratori più anziani devono poter andare in pensione in modo anticipato per lasciare il posto di lavoro ai giovani“, conclude Damiano.
Fonti di governo sulle polemiche sulle pensioni sottolineano come nella delega dell’esecutivo “ci sia una clausola esplicita secondo la quale qualsiasi intervento di razionalizzazione (per evitare duplicazioni con la nuova misura unica anti povertà) varrà solo sulle prestazioni future e non su quelle in essere“.