Obesità, depressione, pressione alta o bassa, diabete di tipo 2 (negli asiatici), fragilità, abitudine al fumo, basso livello d’istruzione, ma anche arterie carotidi ristrette o alti livelli dell’amminoacido omocisteina. Questi i nove fattori di rischio principali a cui possono essere attribuiti due terzi dei casi di Alzheimer, secondo una ricerca della University of California di San Francisco pubblicata sulla rivista Journal of Neurology Neurosurgery & Psychiatry.
I ricercatori sono arrivati a questa conclusione esaminando quanto emerso da 323 studi precedenti, riducendo da 93 a 9 i possibili fattori di rischio emersi.
In particolare, la ricerca evidenzia che alcune condizioni sono associate a un aumento del rischio, soprattutto a seconda del momento della vita in cui si manifestano e all’etnia presa in esame. Il fumo, fattore generale di rischio, ha dimostrato ad esempio di avere un effetto protettivo nelle popolazioni occidentali, così come lo stress o un consumo di alcol-lieve moderato e un indice di massa corporea alto più avanti nella vita, nonostante l’obesità sia classificata in linea di massima come un rischio.
Gli estrogeni, le statine, gli antinfiammatori e il caffè contribuiscono invece, in generale, a ridurre i fattori di rischio, e anche l’acido folico e la vitamina C ed E.