Se le cattive notizie colpiscono davvero più di quelle buone (bad news good news), ecco spiegato il motivo per cui tendiamo a preoccuparci delle conseguenze negative dell’invecchiamento, benché la vita media sia ormai prossima ai 90 anni e circa la metà dei novantenni non abbia alcun problema di demenza, mentre è ormai accertato che un sano stile di vita può salvare dalla malattia milioni di persone.
Sono i paradossi sui quali insiste un’autorità mondiale in tema di terza età, la neurologa Laura Fratiglioni, intervenendo oggi a Pistoia al Convegno nazionale sui Centri Diurni Alzheimer. “Dobbiamo essere ragionevolmente ottimisti”, spiega citando una vasta serie di studi più o meno recenti e inediti, “È ormai scientificamente assodato che si può vivere molto a lungo e senza Alzheimer. Destino e genetica permettendo, dipende in gran parte da noi, da come si vive”.
Fratiglioni attualmente è impegnata in una ramificata rete di ricerche multidisciplinari sulla popolazione alla ricerca di risposte a domande antiche così sintetizzabili: perché invecchiamo? Perché invecchiamo diversamente l’uno dall’altro? Come possiamo diminuire malattie e disabilità? Come produrre cure più efficaci?
Le prove fin qui raccolte le suggeriscono le seguenti considerazioni:
1) Per la prima volta nella storia dell’umanità la popolazione anziana aumenta regolarmente ovunque. Vivere fino a 100 anni non è più così raro. Siamo protagonisti di un fenomeno relativamente nuovo, che dai paesi industrializzati si sta estendendo anche ai meno sviluppati.
2) L’aver focalizzato l’attenzione sugli aspetti negativi dell’invecchiamento (Senectus ipsa morbus, sentenziava Terenzio, la vecchiaia è una malattia in sé) crea conseguenze indesiderate: ai primi segni di declino della memoria ci si spaventa, convinti, anche fuori luogo, di avere l’Alzheimer. Occorre dunque qualificare ancora di più l’approccio scientifico ai problemi della salute della terza età.
3) Grazie agli straordinari progressi degli studi sulla popolazione, oggi sappiamo con certezza che tra il 40 e il 50 per cento di quanti arrivano a 90 anni non ha alcun sintomo di demenza. Ne consegue che Alzheimer e altre forme di deficit cognitivo non sono inevitabili prodotti dell’invecchiamento. Invecchiare lucidamente non è più un sogno proibito.
Ed ecco il punto. Chi sono questi scampati alla demenza? Come ci sono riusciti? Con uno stile di vita sano: niente fumo, alcool con moderazione, attività fisica, dieta Mediterranea, controllo dei problemi cardiovascolari, ipertensione e diabete, mente allenata (studio, letture, giochi complessi, vita sociale).
“Tutti i dati concordano”, dice la professoressa Fratiglioni, “Con un sano stile di vita, meglio se adottato da giovani, possiamo scongiurare anche un terzo dei casi di demenza. Per di più abbiamo capito di recente che lo stile di vita può incidere positivamente anche su certe predisposizioni genetiche”.
Considerando le fosche previsioni (2,5 milioni di malati in Italia, 130 nel mondo nel 2050), è facile calcolare i benefici sia umani che economici.