In Italia si allunga la speranza di vita, ma peggiorano le condizioni di salute dei più anziani. Il tasto dolente sembra essere la condizione degli anziani dopo i 75 anni che, secondo l’Istat, vivono in condizioni di salute peggiori. E con l’aumentare dell’età, aumentano anche le gravi riduzioni di autonomia personale che, secondo i dati, riguardano oltre un anziano su dieci. Nel campione preso in esame, l’11,2% degli anziani ha ammesso di avere gravi difficoltà in almeno un’attività di cura della persona, come fare il bagno o la doccia (10,3%), sdraiarsi e alzarsi dal letto o sedersi e alzarsi da una sedia (7,3%), vestirsi e spogliarsi (7,3%). È, invece, del 30,3% la percentuale degli anziani che incontrano gravi difficoltà nello svolgere le quotidiane attività di tipo domestico, come preparare i pasti, fare la spesa, prendere le medicine e fare lavori di casa.
Quindi, se da un lato è positivo l’allungamento dell’età dell’aspettativa di vita degli italiani, dall’altro c’è sempre un conto da pagare: dalle piccole necessità giornaliere (medicine, alimenti, ecc.) a quelle più importanti (assistenza medica, infermieristica, trasporto, ecc.).
Ma a chi spetta pagare il mantenimento per gli anziani in difficoltà?
Certamente non sono tenuti a farlo gli estranei, coloro cioè che non hanno alcun legame di parentela, mentre lo Stato interviene solo nella misura in cui l’anziano rientra nei requisiti per ottenere l’assegno sociale e l’accompagnamento; non oltre. In tutti gli altri casi sono i familiari più stretti a doversi prendere cura del parente bisognoso. È un obbligo di legge, ma che riguarda solo l’aspetto economico dell’assistenza, non quello morale. Significa che, per quanto deplorevole la condotta di chi lascia soli il padre e la madre ormai “vecchi”, non si è anche obbligati a dare loro sollievo, serenità e compagnia.
Ad esempio, un fratello non potrebbe mai citare in tribunale l’altro, sostenendo di non passare mai da casa dei genitori per portare loro conforto, se quest’ultimo dà regolarmente il proprio contributo economico alla loro assistenza. Insomma, la compagnia all’anziano non è obbligatoria. Lo è invece, laddove possibile, il mantenimento.
Quando una persona è in una situazione di totale indigenza, non riuscendo a provvedere alle spese per la propria sopravvivenza, sono i familiari più stretti a dovergli fornire un contributo economico (gli «alimenti»), ossia – qualora in vita – il coniuge, i figli e i nipoti o, in ultimo, i genitori. L’esistenza del coniuge esclude l’obbligo per i figli e i nipoti; in assenza del coniuge vi devono pensare i figli (è questa l’ipotesi più frequente) e, in mancanza anche di questi ultimi, i nipoti; in assenza dei nipoti vi devono provvedere i genitori, situazione alquanto difficile, dato che stiamo parlando di persone già di una certa età.
Ma quanto bisogna pagare? La legge non lo dice; si limita solo a dire che si tratta degli “alimenti”, un concetto molto più ristretto rispetto a quello del mantenimento. Il mantenimento riguarda tutto ciò che serve per avere una vita autonoma e indipendente; gli alimenti – come dice la parola stessa – sono invece finalizzati a garantire lo stretto indispensabile per non morire di fame o di malattie (quindi le spese per il vitto, l’alloggio e per le medicine).
Ma come viene ripartita la spesa degli alimenti tra i fratelli? Ciascuno deve contribuire in base alle proprie possibilità. Non c’è quindi una divisione uguale dei costi. Chi deve somministrare gli alimenti può scegliere se farlo mediante assegno periodico o accogliendo e mantenendo nella propria casa la persona che vi ha diritto.
Che può fare l’anziano se i figli non lo mantengono? Può agire contro di loro in tribunale affinché sia il giudice a imporgli il versamento degli alimenti. E se non pagano può anche scattare il pignoramento dei beni.
Quindi, in conclusione, se il coniuge dell’anziano è morto o è impossibilitato economicamente, saranno i figli a pagare il mantenimento necessario ai bisogni essenziali dei genitori. In particolare questi devono provvedere al versamento dei cosiddetti “alimenti”, ossia alle spese necessarie per vitto, alloggio, medicine e assistenza medica. La misura degli alimenti varia a seconda delle capacità economiche sia dell’anziano che del figlio. In presenza di più fratelli questi sono tenuti al pagamento degli alimenti non in parti uguali, ma in base alle rispettive capacità economiche.