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NotizieRiforma medici di base: salta il rapporto con i pazienti

Riforma medici di base: salta il rapporto con i pazienti

I medici di base italiani sono in subbuglio per una riforma epocale proposta dal Ministero della Salute. Il piano prevede la graduale trasformazione da liberi professionisti a dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn), con l’obiettivo di concentrare le loro attività nelle nuove “Case di Comunità” che apriranno in tutta Italia entro metà del 2026 grazie ai fondi del Pnrr.  Ma cosa significa tutto questo per i pazienti e i medici?

La riforma

I medici che già operano in libera professione potranno decidere di rimanere tali ma saranno obbligati a prestare servizio presso le Case di Comunità per un certo numero di ore alla settimana (almeno 14-16 ore). Ad eccezione dei medici di famiglia che scelgono di mantenere l’attività in libera professione con il proprio studio, i nuovi dottori verrebbero assunti con contratti nazionali e orari stabiliti presso le Case di Comunità, strutture destinate a fornire servizi sanitari di base per interventi tempestivi e integrati sul territorio. In teoria, questa novità dovrebbe migliorare l’efficienza del sistema sanitario e assicurare una copertura più capillare e continuativa per i pazienti.

Le Case di Comunità: una risorsa o un problema?

Il governo intende avviare ben 1.400 Case di Comunità entro il 2026, un obiettivo ambizioso che però deve fare i conti con varie sfide, tra cui la disponibilità di personale medico qualificato e le risorse economiche necessarie. Secondo l’Agenas, a giugno 2024 solo una piccola percentuale di queste strutture era attiva e molte di esse erano operative con personale ridotto o addirittura mancante. Il rischio, quindi, è che queste Case di Comunità diventino “cattedrali nel deserto” se non adeguatamente supportate e integrate nel sistema sanitario nazionale.

I punti caldo e le opposizioni

Tuttavia, il piano ha generato forti proteste tra i medici di famiglia. La principale critica riguarda la perdita dell’autonomia professionale e gestionale, caratteristiche che hanno sempre distinto la figura del medico di base nel contesto italiano. Secondo Filippo Anelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo), trasformare i medici di famiglia in dipendenti è visto come un errore, che potrebbe danneggiare il rapporto di fiducia tra medici e pazienti, costruito negli anni con dedizione e assistenza personalizzata.

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