In Italia sono quasi inesistenti sia le politiche a supporto dei caregiver familiari delle persone con disabilità, sia una idonea normativa in materia. Al riguardo, recentemente, si è espresso anche il Comitato delle Nazioni Unite, rilevando come la mancanza di sostegni finanziari e sociali alle famiglie delle persone con disabilità configura una violazione dei diritti umani.
Il 3 ottobre scorso, il Comitato per i Diritti delle Persone con Disabilità ha espresso un Parere in merito al ricorso presentato all’ONU, nel 2017, dall’allora Presidente di Confad, Maria Simona Bellini, attraverso il quale veniva denunciata l’insostenibile condizione di vita dei caregiver familiari in Italia dovuta principalmente all’assenza di leggi in materia. Un vuoto legislativo che ha come conseguenza la violazione di importanti diritti della persona.
La donna si era rivolta all’ONU poiché, in qualità di caregiver della figlia e del partner, non aveva alcun tipo di tutela giuridica da parte dello Stato italiano, né in termini di pensione assistenziale nè in termini di sostegno economico, dopo aver lasciato il lavoro per poter assistere ai propri cari. L’ex presidente di Confad si è pertanto rivolta alla Commissione poiché l’assenza, da parte dello Stato italiano, di qualsivoglia tipo di sostegno, avrebbe esposto lei e la sua famiglia a conseguenze negative a livello economico, sociale, personale e soprattutto di salute.
Markus Schefer, relatore del Comitato sulle comunicazioni, ha dichiarato “Il Comitato ha affermato di essere a conoscenza di casi in cui i diritti delle persone con disabilità non possono essere realizzati senza la protezione dei caregiver familiari e ha concluso che, nel ristretto ambito dell’articolo 28, la Convenzione riconosce il diritto dei caregiver familiari alla protezione dello Stato, a condizione che questo riconoscimento sia indissolubilmente legato alla protezione dei diritti dei familiari con disabilità”. Il Comitato ha, pertanto, riscontrato che l’incapacità da parte dello Stato italiano di fornire alla famiglia un sostegno adeguato, compresa l’assistenza per le spese relative alla disabilità, una formazione adeguata, consulenza, assistenza finanziaria e cure di sollievo, equivaleva a una violazione dei diritti della figlia della Bellini e partner ai sensi della Convenzione.
Conformemente a tale dispositivo, il Comitato ONU esorta l’Italia non solo a fornire un adeguato compenso alla donna, ma anche ad anche adottare misure idonee affinchè la famiglia della ricorrente abbia accesso ad adeguati servizi di supporto individualizzati, e a prevedere interventi atti a prevenire simili violazioni in futuro.
Lo Stato italiano dovrà presentare al Comitato, entro sei mesi, una risposta scritta in relazione a quanto porrà in essere per colmare queste gravi lacune.