La sanità italiana, contrariamente a quanto si possa pensare, comprende strutture che possono definirsi d’eccellenza, anche se non mancano nelle cronache ospedali menzionati come i “peggiori d’Italia” e casi di malasanità che inevitabilmente preoccupano il cittadino.
Definire una struttura ospedaliera d’eccellenza è un concetto che potrebbe ingannare il giudizio dei cittadini in quanto tutti gli ospedali sono tenuti a garantire ai pazienti un servizio efficiente e sicuro nel rispetto della salute, bene primario.
Ma quali sono i criteri che portano a definire un ospedale migliore rispetto a un altro? È errato principalmente pensare che esistano buoni ospedali solo nel centro e nel nord Italia, perché anche al sud i pazienti possono accedere a strutture di tutto rispetto (senza per questo intraprendere i “viaggi della speranza”). Lo segnala annualmente l’Agenzia Nazionale per i servizi Nazionali con la collaborazione del Ministero della Salute. Ospedali come il Sant’Anna Hospital di Catanzaro per la cardiologia, l’Eustacchio di San Severino Marche per l’ictus in relazione alla bassa mortalità.
Spesso, infatti, quando ci si trova ad avere a che fare con malattie gravi, si pensa subito a spostarsi in una struttura che ha una buona “reputazione” rispetto alla patologia.
L’Unione Europea ha sancito il diritto di ogni cittadino di cercare e scegliere l’assistenza sanitaria che ritiene più appropriata alle proprie esigenze e aspettative, anche in termini economici, in tutti i paesi facenti parti dell’Europa. Ha infatti emanato la diretta 24/2011 che parla proprio di questa possibilità attuabile a partire dall’ottobre del 2013.
Sembra che effettivamente ci sia da sperare che certi ospedali possono più che in altri garantire cure e interventi più “efficaci”.
La sanità italiana nonostante le sue eccellenze che pure esistono, e che si riferiscono alla totalità delle patologie conosciute, risente di una politica che continua a penalizzare il settore con tagli che non fanno altro che mettere in serio pericolo la salute di ogni singolo cittadino.
Il paziente in tal modo non è più garantito come in passato rispetto a una degenza che possa andare incontro realmente alle necessità terapeutiche, curative, farmacologie e d’intervento.
I medici stessi si trovano quindi in difficoltà rispetto a un margine d’azione sempre più limitante e tutto il personale ospedaliero viene messo a dura prova, a cominciare dall’allungamento dei turni per mancanza di ricambio.
Anche i dottori che si trovano a operare paziente dopo paziente, risentono di questo stato di cose e possono incorrere in errori causati da stress, stanchezza, difficoltà di coordinamento, mancanza di attrezzature efficienti, strumentazione obsoleta, ecc.
Non è un modo per giustificare i casi di malasanità che pure esistono e sono oggettivamente riscontrabili e riconducibili allo stesso operato dei singoli medici o all’intera equipe, influenzati spesso da carenze strutturali e complicanze non ottimamente affrontate.
I casi di cronaca narrano spesso di pazienti che pagano con la vita questi gravissimi errori o vivono per anni con malattie e dolori non ben definiti per la “pinza dimenticata nell’addome” in un intervento avvenuto anche molti anni prima. Casi inaccettabili da parte di cittadini che pagano le tasse per avere un servizio necessario che invece latita.
È pur vero d’altro canto che le brutte notizie fanno maggiore scalpore di quelle buone che riguardano invece i progressi della medicina, soprattutto grazie a medici italiani che si sono rivelati tra i primi posti nella ricerca e in importanti scoperte che hanno cambiato l’approccio a molte malattie.
Oggi la tecnica laparoscopica ha aperto la strada alla “mini invasività” sia per interventi ricostruttivi che per asportazioni, biopsie, riparazione di tessuti ecc, come pure le tecniche di cardiochirurgia con catetere (angioplastica con applicazione dello stent), o l’uso della diagnostica per immagini che ha limitato l’uso di interventi esplorativi e tanto altro.
Ospedali come il Policlinico Gemelli di Roma, le Molinette di Torino, il Gaslini di Genova, il Cervello di Palermo sono ormai noti per essere strutture che accolgono e curano il paziente con successo. Un ospedale che possa definirsi d’eccellenza è una combinazione di vari fattori a partire dalla struttura stessa che deve essere oggetto di manutenzione e pulizia, per passare alle attrezzature e al capitale umano, cioè i medici, con la loro professionalità e la loro capacità di rapportarsi al paziente.
Tutto questo nonostante ormai sia noto come gli ospedali italiani non permettano al personale medico di lavorare in totale serenità, e non solo per mancanza di fondi, ma anche per incuria, trascuratezza nel fornire quanto necessario per lavorare in rapporto alla strumentazione moderna, ma anche alla possibilità di confronto e all’interdisciplinarità che non può realizzarsi dove il personale è comunque carente.
Liste di attesa interminabili per visite ed esami anche estremamente delicati portano il paziente a rivolgersi a strutture private e/o convenzionate che hanno fama di ordine, pulizia, professionalità e preparazione.
Il risarcimento danni per errore medico (malasanità), che sia stato causato per mancanza di professionalità, incuria, superficialità, o per mancanza di strutture adeguate, stress del personale per turni massacranti, è sempre e comunque un diritto per il paziente che ne rimane vittima.