La memoria è una delle funzioni più importanti del nostro cervello, può essere equiparata a un deposito all’interno del quale ogni individuo può conservare tracce della propria esperienza passata, cui attingere per riuscire ad affrontare situazioni di vita presente e futura. Com’è noto, però, la memoria con il sopraggiungere dell’età avanzata tende a diminuire, ma non per tutti è così. Esistono, infatti, i SuperAger (individui con invecchiamento super), ossia persone che hanno superato gli ottanta anni ma con una memoria che non ha nulla da invidiare a quella di individui di venti o trenta anni più giovani.
I Superager sono stati a lungo un mistero per gli scienziati. Nonostante abbiano 80 anni, hanno capacità fisiche e funzioni cognitive simili a quelle di una persona di mezza età.
Ora, i ricercatori della Northwestern University in Illinois potrebbero aver scoperto uno dei motivi per cui i superager sono in grado di rimanere così mentalmente acuti: il merito va attribuito ai loro neuroni, più grandi e più sani, in una particolare area del cervello, fondamentale per il funzionamento della nostra memoria.
I ricercatori americani si sono concentrati su un’area del cervello definita corteccia entorinale (ERC) che è collegata direttamente all’ippocampo, ritenuto fondamentale per tutti i processi associati alla memoria episodica, auto biografica e spaziale. L’ERC comprende sei strati di neuroni impilati uno sopra l’altro, il secondo dei quali ha un ruolo cruciale in quanto riceve informazioni dagli altri centri di memoria e la ridistribuisce nel nostro cervello.
Nel corso dell’invecchiamento, questa area del cervello è particolarmente sensibile alla formazione dei grovigli neurofibrillari (NFT), una delle principali alterazioni riscontrabili nella malattia di Alzheimer causata da un accumulo di proteina tau che determina l’interruzione del sistema di trasporto tra le cellule e la comunicazione tra i neuroni. Nei soggetti esaminati, questi neuroni non ospitavano grovigli di tau. L’autrice senior Tamar Gefen, assistente prof.ssa di psichiatria e scienze comportamentali alla Northwestern, ha affermato:
“L’osservazione straordinaria secondo cui i SuperAger hanno neuroni più grandi di individui più giovani potrebbe implicare che le grandi cellule erano presenti dalla nascita e si sono mantenute strutturalmente per tutta la vita. Concludiamo che i neuroni più grandi sono una firma biologica della traiettoria del super invecchiamento”.
Gli scienziati dell’Università di Feinberg hanno analizzato le dimensioni dei neuroni dell’ERC in campioni post-mortem di super ager, che hanno poi confrontato con i cervelli di sette anziani definiti normali, ovvero con funzioni cognitive medie, sei giovani adulti sani e cinque soggetti affetti da decadimento cognitivo lieve amnestetico.
Dai risultati emerge che i SuperAger hanno neuroni più grandi e più sani nella corteccia entorinale rispetto a tutti i campioni presi in esame, l’ippocampo e l’ERC mostrano una bassa o intermedia densità di grovigli neurofibrillari e una maggiore densità dei neuroni di Van economo, neuroni da cui dipendono abilità cognitive ed emotive che determinano il modo in cui il cervello deve agire ed elaborano i pensieri.
Nei SuperAger quindi i neuroni del secondo strato dell’ERC resistono alla formazione dei grovigli e si ipotizza che neuroni più grandi fossero presenti “da sempre”, dalla nascita e si sono mantenuti strutturalmente per tutta la vita.
Resta però da capire se i neuroni di queste persone sono resistenti alla degenerazione neurofibrillare, o se il loro numero e le loro dimensioni anomale li rendano invece particolarmente resilienti alla formazione dei grovigli di proteina tau. Per farlo, serviranno nuovi studi con un range più ampio di campioni SuperAger che predano in esame i meccanismi dei neuroni, degli assoni e l’integrità delle sinapsi.