Buone notizie per i pensionati che negli anni 2012-13 avevano una pensione superiore a 1.405/1.443 euro lordi. A partire da tale importo, infatti, il Governo Monti aveva bloccato l’adeguamento delle pensioni in base all’andamento dell’indice Istat dei prezzi al consumo.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 70/2015, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 25 della cosiddetta Legge Fornero (decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201) nella parte in cui annuncia che “In considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici… è riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici d’importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento”.
Secondo i giudici della Suprema Corte, infatti, il reiterato e lungo blocco della perequazione delle pensioni “induce a ritenere che siano stati valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento stesso e con irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività” lavorativa.
Ora l’INPS dovrà conformarsi al provvedimento della Corte, in tempi ragionevolmente brevi, se vuole evitare una class action dei pensionati coinvolti, e provvedere d’ufficio al ricalcolo delle pensioni interessate, adeguandole in base alla svalutazione ISTAT.
Bisognerà comunque fare i conti con la copertura finanziaria e gli eventuali problemi tecnici che potrebbero insorgere, ritardandone il rimborso. Ma, a ragion del vero, questi paventati problemi tecnici non dovrebbero verificarsi, dato che l’INPS ogni anno procede al ricalcolo delle pensioni in pochi giorni, un’operazione che avviene automaticamente.
Le somme che dovranno essere restituite ai pensionati mutano in rapporto all’entità delle pensioni superiori a €1.405 nel 2012 e a €1.443 nel 2013. La stessa Corte ha ricordato nella sentenza che la rivalutazione automatica opera in misura proporzionale all’ammontare del trattamento da rivalutare rispetto all’ammontare complessivo.
In particolare, l’art 69 della legge n. 388/2000 prevede che l’adeguamento ISTAT spetti per intero soltanto per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici fino a tre volte il trattamento minimo INPS. Spetta, invece, nella misura del 90 per cento per le fasce di importo da tre a cinque volte il trattamento minimo INPS ed è ridotto al 75 per cento per i trattamenti eccedenti il quintuplo del predetto importo minimo.
Con il blocco della rivalutazione, negli anni 2012-2013 i risparmi sono ammontati a 8,2 miliardi (circa 3,8 miliardi nel 2012 e 4,4 miliardi nel 2013) che, “spalmati su 5,2 milioni di trattamenti interessati, ha determinato una riduzione media pro-capite di 1.584 euro”, afferma l’esperto di welfare e docente di diritto del Lavoro, Giuliano Cazzola.
Ma gli effetti della rivalutazione aumenteranno l’importo delle pensioni anche per le rivalutazioni relative agli anni successivi al 2013. Di qui il conto che potrebbe salire ulteriormente fino a sfiorare i 10 miliardi di euro.