È l’ipoglicemia – l’eccessiva riduzione della quantità di zucchero nel sangue prodotta da alcuni dei farmaci per il trattamento del diabete -, soprattutto l’ipoglicemia notturna che si manifesta durante il sonno quando uno è più indifeso, a creare maggiore ansia nella persona con diabete e soprattutto nei suoi familiari.
È uno dei dati emersi dallo studio internazionale DAWN2 (Diabetes Attitudes Wishes and Needs), l’indagine più ampia mai svolta per analizzare, dal punto di vista della persona con diabete e del familiare, l’impatto della malattia sulla vita quotidiana. Realizzato in collaborazione con International Diabetes Federation (IDF), International Society for Pediatric and Adolescent Diabetes (ISPAD), International Alliance of Patients’ Organization (IAPO) e Steno Diabetes Center, con il contributo non condizionante di Novo Nordisk, ha coinvolto oltre 15.000 persone con diabete, familiari e operatori sanitari, in 17 Paesi di 4 continenti. La paura di un episodio di ipoglicemia, che nelle sue manifestazioni meno gravi è riconoscibile da alcuni sintomi tra cui palpitazioni, tremore, ansia, giramento di testa, confusione, fino alla perdita di conoscenza e, nel caso degli episodi notturni, compromissione della qualità del sonno, preoccupa in Italia in media 6 persone con diabete su 10 (oltre 2 milioni sui 3,6 che sono noti avere la malattia) e il 64% dei loro familiari.
Come è lecito attendersi, la percentuale risulta più elevata in chi è in cura con insulina rispetto a chi lo sia con altri farmaci. Nel caso particolare dell’ipoglicemia notturna: il 62% di chi si cura con l’insulina e il 45% di chi prende altri farmaci; il 72% contro il 57%, per i rispettivi familiari.
“Il fatto che i familiari sembrino più preoccupati delle stesse persone con diabete non deve stupire”, commenta Antonio Nicolucci, Responsabile Dipartimento farmacologia clinica ed epidemiologia della Fondazione Mario Negri Sud, centro che elabora e analizza i dati dello studio DAWN2. “Questo dato, che si riscontra non solo in Italia, ma in tutti i principali Paesi esaminati – tra cui, in Europa, Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Danimarca, Spagna, Polonia – deriva dal fatto che i familiari conoscono meno la malattia, sono meno coinvolti nelle attività di educazione e informazione; in altre parole, li preoccupa la paura di non essere in grado di affrontare il problema del loro caro, qualora si dovesse presentare”, dice.
“Il diabete non comporta solo il rischio di gravi complicanze a cuore, reni, occhi, ma ha un forte impatto emotivo e psicologico su chi ne soffre e i suoi familiari”, aggiunge Nicoletta Musacchio, diabetologa, Istituti Clinici di Perfezionamento di Milano e Presidente eletto dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD). “La nostra attenzione di diabetologi, oggi, si sta – e dovrebbe esserlo sempre di più – indirizzando non solo alla cura della malattia, ma al prendersi cura della persona. È necessario maggiore impegno sugli aspetti educativi e sulla scelta di modalità di trattamento e impiego di farmaci più adatti alle esigenze di chi abbiamo davanti, considerando non solo la sua malattia, ma la sua fragilità nel complesso; farmaci, ad esempio, che siano, come la nuova insulina degludec, flessibili nella somministrazione e con minori effetti indesiderati quali le ipoglicemie”, prosegue.
L’insulina degludec, disponibile in Italia in queste settimane, rimborsabile in classe A dal Servizio sanitario nazionale, è un analogo basale dell’insulina messo a punto grazie a sofisticate tecniche di ingegneria molecolare, caratterizzato da durata d’azione superiore alle 42 ore e con un effetto metabolico distribuito uniformemente nel corso della giornata. Il suo meccanismo d’azione, che si traduce in un deposito sottocutaneo nel punto dell’iniezione, con un lento e costante rilascio di principio attivo, consente una ridotta variabilità di assorbimento e assicura un profilo glicemico più stabile con importante riduzione del rischio di ipoglicemia.
“Le caratteristiche dell’insulina degludec fanno sì che, a parità di controllo glicemico, provochi un numero di ipoglicemie significativamente inferiore rispetto alle insuline basali sinora utilizzate”, spiega Giorgio Sesti, Professore Ordinario di medicina interna dell’Università degli Studi “Magna Grecia” di Catanzaro e Presidente Eletto della Società Italiana di Diabetologia (SID). “Ciò è vero anche e soprattutto per le ipoglicemie notturne, che rappresentano, come abbiamo visto, una delle maggiori paure per chi è in cura con l’insulina. Inoltre, consentono grande flessibilità nei tempi di somministrazione, rendendo possibile adattare la distanza tra una somministrazione e l’altra, quando necessario nella vita di tutti giorni”, conclude.
Se la tecnologia viene in aiuto delle persone con diabete, migliorando le caratteristiche dei farmaci per evitare l’insorgere degli effetti meno desiderati, a fugare paure e ansie nelle stesse persone, ma soprattutto nei loro congiunti, serve il coinvolgimento, l’informazione, la conoscenza.
“L’ipoglicemia è un antipatico compagno di strada per le persone con diabete che usano l’insulina e farmaci come le sulfaniluree”, ricorda Salvatore Caputo, Presidente Diabete Italia. “Gestirle è relativamente facile, un po’ meno facile per le ipoglicemie nell’anziano curato con farmaci orali, prevenirle è possibile ma richiede molto impegno”.