Oggi gli anziani nel mondo sono 900 milioni, nel 2050 saranno 2 miliardi. In questo contesto, l’Italia si inserisce come il Paese più vecchio d’Europa e secondo al mondo, dietro al Giappone. Di fronte a questi dati il tema dell’assistenza agli anziani non autosufficienti sta assumendo, a livello globale, un ruolo sempre più centrale. Il dibattito, però, tende a concentrarsi principalmente su aspetti medici, economici, manageriali. Spesso i farmaci vengono usati come mezzo di contenzione, in alternativa a quella fisica, sia nelle strutture residenziali sia a casa. Minore attenzione è attribuita alla necessità di innovazione verso una metodologia esistenziale: come rispettare l’umanità e i diritti profondi degli anziani fragili e come coinvolgere le famiglie nel prendersi cura? Come evitare che si sentano solamente l’oggetto di pratiche assistenziali? E allo stesso tempo, come favorire il benessere degli operatori?
Anche a questo tema sono dedicate le due giornate del Convegno internazionale organizzate dal Centro Studi Erickson – in programma venerdì 9 e sabato 10 marzo al Palacongressi di Rimini – che vogliono porsi come luogo d’incontro e di dialogo, offrendo spunti concreti e approcci innovativi che mettano al centro la relazione. Esperti di fama internazionale svilupperanno una riflessione sugli approcci non farmacologici per prendersi cura delle persone anziane con deterioramento cognitivo o demenza. Ciò che accomuna i differenti approcci non farmacologici, più umani e ottimisti, è il porre la persona con demenza al centro della relazione, mantenendo intatta l’integrità e la dignità dell’anziano. Solamente agendo in questo modo, costruendo un rapporto di fiducia tra professionisti, anziani e familiari, si può parlare davvero di relazione di cura.
Gli approcci non farmacologici si sviluppano attraverso alcuni punti fondamentali:
– Coinvolgere la persona anziana nelle situazioni e nelle decisioni che la riguardano il più possibile, evitando azioni e atteggiamenti che ledano la sua dignità e valorizzando le capacità e le sue competenze residue.
– Accettare la persona con tutte le sue caratteristiche e sfaccettature. È necessario essere consapevoli del fatto che una persona non può cambiare se non è lei a volerlo, quindi è importante focalizzarsi su quello che una persona è e non su quello che vorremmo fosse.
– Adattare spazi e attività rispettando esigenze, preferenze e tempi della persona. Se si mette l’anziano al centro, sarà più facile agire e porsi in modo propositivo. Ascoltarlo, “mettersi nei suoi panni” è fondamentale per relazionarsi con lui in modo efficace.
– Valorizzare il background culturale e la storia di vita della persona tenendo ben presente che ognuno di noi, compreso l’anziano fragile e disorientato, è unico e irripetibile.
E ancora si parlerà di come riconoscere i maltrattamenti e ripensare le relazioni nelle istituzioni (ad esempio RSA, centri diurni, reparti di ospedale); di come comprendere e gestire i disturbi comportamentali nell’anziano affetto da demenza; della soggettività dell’anziano nelle relazioni di cura; del sostegno agli anziani a domicilio; degli ambienti “su misura”.