Il paziente affetto da malattia di Parkinson non perde solo la capacità di muoversi ma anche quella di progettare il movimento. È ancora possibile per queste persone tornare a muoversi, camminare, nuotare? Quanto è importante un percorso riabilitativo personalizzato nel trattamento della malattia e in che modo può influire sugli aspetti cognitivi e motori dei pazienti? Questi sono solo alcuni dei temi di cui si discuterà in occasione del Convegno internazionale “The Interplay between Cognitive and Motor Rehabilitation in PD” (Ospedale Moriggia Pelascini di Gravedona ed Uniti – 15-16 settembre 2017) che si apre oggi a Gravedona (CO). Organizzato dal Dipartimento di Riabilitazione Malattia di Parkinson dell’Ospedale Moriggia Pelascini di Gravedona ed Uniti, dall’Associazione Mario Garofalo per le malattie Neurologiche Onlus e dalla Fresco Insitute for Parkinson Disease and Movement disorders, il workshop vedrà riuniti i maggiori esperti nazionali e internazionali che si occupano di riabilitazione, provenienti da Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Israele, Belgio, Olanda, Austria e Italia. Tra gli sponsor del convegno anche la National Parkinson Foundation, la più importante fondazione americana che si occupa di finanziare gli studi sulla malattia di Parkinson.
“La riabilitazione, intesa come ‘ri-apprendimento del movimento’, assume un ruolo sempre più importante nella cura della malattia di Parkinson e viene da noi proposta, ormai da anni, come un trattamento terapeutico vero e proprio, essendosi dimostrata efficace sulla ripresa motoria, sull’equilibrio, sulle funzioni cognitive e sulla qualità di vita del paziente. È noto, infatti, come le sole terapie farmacologiche e chirurgiche non siano efficaci sulle alterazioni del cammino e sui disturbi dell’equilibrio e della postura, con conseguente rapida e grave compromissione della qualità di vita del paziente – dichiara Giuseppe Frazzitta, Direttore Dipartimento di Riabilitazione Malattia di Parkinson, Ospedale Moriggia Pelascini di Gravedona ed Uniti.
I pazienti parkinsoniani devono ‘ri-apprendere’ il movimento, non solo attraverso strategie di tipo riabilitativo (robotica, posturale, idroterapia), ma anche attraverso vere e proprie strategie di apprendimento motorio, sia esplicite che implicite. “Nel primo caso, si spiega al paziente cosa fare e lui volontariamente replica il movimento, mentre nel secondo caso vengono utilizzati dei macchinari che permettono di fare un movimento in maniera inconscia ed apprenderlo nella sua sequenza” – aggiunge Frazzitta.
Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa e i sintomi motori tipici di questa condizione sono il risultato della morte delle cellule che producono e rilasciano la dopamina. Per questo motivo il paziente che ne è affetto perde gli automatismi, ovvero tutta la parte automatica dei movimenti come per esempio camminare, muovere le braccia mentre si cammina, girarsi nel letto, ecc. Negli ultimi anni è stato condotto uno studio[1], apparso su Neurorehabilitation and Neural repair, che ha valutato 40 pazienti, in stadio intermedio di malattia, seguiti per due anni e sottoposti ad uno specifico trattamento di riabilitazione per la cura delle problematiche legate alla malattia di Parkinson. Lo studio ha dimostrato che dopo due anni i pazienti che si erano sottoposti a questo protocollo mostravano una riduzione nella progressione dei sintomi, a fronte di un minor uso di farmaci.
“I pazienti coinvolti nello studio, tutti ricoverati presso il nostro centro, sono stati sottoposti ad un trattamento denominato MIRT – Multidisiclinar Intensive Rehabilitation Tre¬atment – un percorso multidisciplinare, intensivo e personalizzato riconosciuto a livello mondiale. – spiega Frazzitta – Alla fine dello studio abbiamo assistito ad un vero e proprio miglioramento clinico dei pazienti che erano diventati più autonomi, presentavano sintomi motori meno gravi e di conseguenza una migliore qualità di vita. Questo ci fa ipotizzare, quindi, che il metodo MIRT possa avere un effetto neuroprotettivo rallentando la progressione dei sintomi motori”.
IL MIRT, ideato e realizzato dal dottor Frazzitta e i suoi collaboratori presso l’Ospedale Moriggia Pelascini di Gravedona ed Uniti, un’eccellenza italiana nella riabilitazione della MP, è un percorso unico nel suo genere che prevede un ricovero di 30 giorni durante il quale i pazienti vengono sottoposti a sedute di movimento aerobico – quindi senza fatica – dalle tre alle cinque ore al giorno dal lunedì al sabato. Inoltre il protocollo, oltre al classico trattamento front-to front con fisioterapisti, prevede l’utilizzo di device come ad esempio il ‘treadmill’ (tapis roulant) per potenziare l’efficacia dei ‘cues’ (o stimoli esterni) visivi e uditivi sui meccanismi di ri-apprendimento, la realtà virtuale e la robotica come ad esempio il Lokomat per i pazienti con gravi problemi di deambulazione.
Tutto questo necessita ovviamente dell’intervento di diversi specialisti che lavorano in maniera multidisciplinare: neurologi, fisiatri, fisioterapisti, logopedisti, terapisti occupazionali, neuropsicologi infermieri e nutrizionisti. Una volta terminato il periodo dei 30 giorni previsti dal protocollo il paziente rientra a casa con un programma di esercizi individualizzato che potrà eseguire da solo. I pazienti vengono rivisti ogni sei mesi e sottoposti a test di valutazione motori e cognitivi per analizzare in modo oggettivo gli effetti della riabilitazione.
“Fino ad oggi sono stati sottoposti al nostro trattamento circa 1.500 pazienti e attualmente siamo l’unico centro italiano a proporre una strategia di cura innovativa di questo genere. – afferma Frazzitta – Obiettivo di questo Convegno è dunque quello di confrontarsi con gli esperti presenti sulle potenzialità dell’attività fisica, e sulle ricadute positive della riabilitazione stessa sull’aspetto cognitivo. Si è visto infatti che la riabilitazione incide in maniera significativa sul cosiddetto BDNF, il fattore di crescita neuronale, alla base della sopravvivenza e della differenziazione delle cellule cerebrali, che garantisce la plasticità del cervello e cioè la facoltà del cervello di recuperarsi e ristrutturarsi. – spiega Frazzitta – In due diversi studi pubblicati su Neurorehabilitation and Neural repair abbiamo dimostrato recentemente come il MIRT aumenta sia i livelli plasmatici del BDNF che il meccanismo di trasporto dello stesso verso il cervello”.